sabato 31 agosto 2013

Il profumo della Calabria selvatica

Costa (Cs) - lamponi e more © Luca Ferrari
Viaggio nella campagna cosentina, a Costa (Cs), sopra Corigliano Calabro. All’ombra degli ulivi. Pungendosi tra i rovi. Gustando qualche pera.


Da lassù si può quasi guardare il mare. L’azzurro dello Ionio è a un tiro d'orizzonte, mentre la terra nasconde abitazioni e piccoli episodi di vita contadina. O più romanticamente, umana. Sulle colline cosentine l’aria è un continuo inseguirsi di aromi fruttati e la possanza di certi ulivi ti concede una panchina improvvisata da cui guardare il mondo. Dove nessuno ti può scoprire.

Ci vuole poco per uscire dal traffico cittadino di Corigliano Calabro e appartarsi nel mondo rurale delle varie frazioni sulle colline poco distanti. Una geografia molto particolare e quasi inesistente nel resto della penisola italiana.

E lassù, a Costa, provincia di Cosenza, c’è qualche casolare dove le famiglie spesso si ritrovano per qualche evento un po’ speciale, mentre altri vivono di terra e pastorizia. Inizio la mia esplorazione lungo i pendii abitati da fichi e le lunghe piante di more selvatiche. Prima di prenderne una di queste ultime, mi avvicino loro a pochi centimetri di distanza. Scorgo le molte spine arcuate. Il frutto è composto da piccole drupe.

Ce ne sono di vari colori. Da quelle verdi ancora asprigne, alle rosse e infine al tipico colore nero che indica la sua maturità e il gusto dolce. Tocca poi al fico. Le ampie foglie nascondono e fanno vedere il dolce frutto. Pianta femmina che produce, a differenza del maschio,  frutti commestibili. Pago di una passata esperienza, mi cibo solo della polpa lasciando la buccia esterna a un futuro secchio dell’immondizia, poiché irritante alla bocca dopo qualche assaggio.

L’aria salmastra delle sponde rocciose è già un ricordo lontano. Scendo ancora di qualche metro mentre la folta vegetazione non smette di graffiare i miei piedi poco protettui. Qualche spiazzo pianeggiante assomiglia a radure di boschi. Qui, delicate felci di un acceso verde pisello suggeriscono qualche minuto a tu per tu, tra nespoli e cespugli vari.

Prendo una manciata di terra. Bruna come un ricordo da immedesimare. Vorrei poter dire di voler far parte di questo azzurro sopra di me mentre le coltivazioni si alternano con delicata perizia nel racconto di storie generazionali. La consistenza di certi alberi mi fa trovare una sedia come se qualcuno si fosse preso la briga di aspettarmi.

Costa (Cs) © Luca Ferrari
D’improvviso scorgo un piccolo camino. Una piccola casetta. Lì. Nel mezzo del verde. C’è un secchio appeso a un albero. Trascorro un po' di tempo così. Mangiucchiando frutta. Senza avvertire alcuna necessità di guardare le stelle. Poi un nuovo suono. Un’invogliante apertura nella roccia poco lontana da cui scaturisce l’acqua di fonte.

Con la brina ancora umida ancora a farmi da coperta su braccia e gambe, guardo quella casetta, continuando a rinascere in ogni illusione. Riesco a vedere una famiglia. Forse basterebbe scavare qualche centimetro sotto terra per trovare una lettera lontana. O qualche giuramento. Chissà di cosa parlano i sogni degli abitanti di questo posto.

Costa (Cs) © Luca Ferrari
panoramica cosentina (Cs) © Luca Ferrari
Costa (Cs), ulivo  © Luca Ferrari
Costa (Cs) ©, more e lamponi Luca Ferrari
Costa (Cs), olive © Luca Ferrari
Costa (Cs), pera © Luca Ferrari
Costa (Cs), tra il bosco e le colline © Luca Ferrari

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