sabato 18 ottobre 2014

La mia incredula e stancante Cuba

Cuba, il mare cristallino della Baia dei Porci © Luca Ferrari
Natura. Città “rivoluzionarie”. Spiagge cristalline. Uno spiacevole incidente sull’Autopista. Pensieri irregolari. Il ritorno infinito. Questa è la mia Cuba.


Ci sono mete che ti restano dentro anche se per tutto il tempo che eri lì hai pensato spesso ad altro. Ci sono viaggi che hanno bisogno di tempo, solitudine e confronti per essere metabolizzati. Sono andato a Cuba con il mezzo rimpianto di aver rinunciato a tornare in Canada. Sono andato a Cuba già innervosito all'idea di non poter utilizzare internet quanto avrei voluto. Sono andato da Cuba senza essere toccato da alcuna rivelazione politica. Una volta tornato a casa però, nel mistero delle notti, mi sono accorto di averla sognanta assai. E fu così che iniziò un nuovo viaggio.

Cuba, i Caraibi. Un viaggio parecchio lontano. Fatto a scalo a Parigi da Venezia, restavano solo 9 ore prima di atterrare a l’Avana. Un volo a dir poco perfetto se non per gli ultimi 15 minuti dove l’abnorme massa nuvolosa sopra la capitale mi regala un susseguirsi di vuoti d’aria mai provati prima, e che spero vivamente di non ripetere più. Smaltito lo stress, il taxi mi porta nel cuore della zona antica, l’Avana Vecchia, presso una casa particular in precedenza prenotata.

L'odore sentito appena uscito all'aeroporto Josè Martì mi riporta all'India. Davanti a me un mondo di cui non so nulla. Il mio gps mentale è stordito. La stanchezza del volo e fuso orario sono solo un pretesto per giustificare questa valanga di sensazioni sballottate e sballottanti. Alzo gli scudi ma è tutto inutile. Ormai sono qua. Assorbo tutto quello che posso. Fino a qualche giorno fa ero che passavo di sala in sala alla Mostra del Cinema, ora sono alla scoperta di questo spicchio di America centrale.

È sabato sera e la gente se ne va in giro. Non solo turisti. Le pochi luci dei vicoli dell'antico quartiere aumentano la difficoltà ad appropriarsi di quanto mi si prospetta tutt'attorno. Affidato alle guide Routard mi siedo in un localino dove la mia compagna di viaggio beve il primo vero mojito (un consiglio a chi lo ordina in Italia, non ordinatelo. Non è neanche un suo lontano parente). Fatico a credere di essere dove la cartina mi indica. No, sul serio. Ho attraversato l'Atlantico e sono in un'isola che negli anni Sessanta stava per essere la miccia della III Guerra Mondiale.

Resto a l'Avana tre giorni prima di cominciare a scorrazzare tra l'ovest e l'est dell'isola. Il sole mi bastona per bene. Gli slogan della Rivoluzione dell'ormai lontano 1959 sono quasi soffocanti. Castro e il Che sono ovunque. La fiera bandiera cubana sventola gigante nel palazzo che ospita il Museo della Rivolucion. È un viaggio nella Storia di questo paese. Tra contraddizioni e bottiglie d'acqua vitali per proseguire il cammino, ogni notte guadagno un'ora sul jetlag che ancora mi condanna a una stanchezza non indifferente.

Abbandono la capitale. Sopperendo alla mancanza di una dettagliata cartina stradale e la quasi totale assenza di cartellonistica on the road (allucinante!), raggiungo tutte le mete grazie ai sempre disponibili cubani che indicano gentili la direzione richiesta. Passo così dalla spiaggia di Cayo Levisa (preclusa agli autoctoni) al verde sconfinato di Vinales, insieme ai campesinos. Un mondo dove i maialini sono alla stregua di animali domestici e non vivono nella sporcizia come invece accade troppo spesso in Occidente.

Giungo nella celeberrima Baia dei Porci, dove l'acqua è cristallina e giganteschi granchi attraversano la strada di notte. Faccio tappa a Playa Giron dove nell'omonimo museo viene raccontata con immagini, reperti e un cine-filmato l'aggressione americana a Cuba con annessa risposta vincente del popolo e Fidel. Poi ancora in viaggio, tra le stradine di Trinidad e i tramonti di Playa Ancon, fino a una nuova fuga verso le palme di Cayo Guillermo. Lì nel mezzo, una degna sosta al mausoleo di Che Guevara a Santa Clara.

Questi i nomi delle principali località che ho visitato. Lì nel mezzo, chilometri e chilometri di storia e vita vissuta. Temporali improvvisi di pochi e più minuti. Le sontuose aragoste mangiate nelle case particulares. La scoperta che in mancanza di bancomat (pochi), si ritira contante nelle agenzie di cambio con la carta di credito. Le strade (tutte) attraversate da pochi veicoli, moltissimi autostoppisti e carretti a cavallo anche in autostrada. Le silenziose zanzare della sabbia capaci di farti credere di avere la varicella. Tanta bellezza accumulata e il classico incidente di percorso che rischia di minare un intero viaggio.

Sono sull’Autopista (autostrada) al calar delle luci quando un poliziotto della stradale fa cenno di accostare. Vuoi la sorpresa, ci si dimentica di tirare il freno a mano e così ha inizio la telenovella. Il ligio agente ci fa presente che in caso di contravvenzione si perderebbe la caparra di 200 euro all’autonoleggio. Sarà vero? Non ne ho idea. Però è strano che dopo neanche due minuti gli stiamo così simpatici da meritarci una simile attenzione. Veniamo tenuti più di mezz’ora sul ciglio della strada sentendoci ripetere una costante tiritera in stile – io non vorrei farvi la multa, ma devo a meno che… –. Altro non aggiungo se non che non ci è stata fatta alcuna multa, mentre lui se n’è tornato a casa soddisfatto (prassi questa molto reiterata con le macchine dei turisti). Unico episodio spiacevole.

Qualche "problemino anche sulla strada del ritorno. Avvisati il giorno prima della cancellazione del volo (nonostante uno sciopero pazzesco andasse avanti da parecchio tempo), riusciamo a decollare con un solo giorno di ritardo destinazione Mosca (undici ore mezza di volo da l'Avana) e non Parigi, lì attendiamo quattro ore e quindi altre tre ore nel cielo per raggiungere Venezia. Un'odissea vera e propria. A dir poco esasusto e in condizioni fisiche assai precarie, continuo a ripetermi che d'ora in avanti mi concederò viaggi meno impegnativi. La bugia durerà poco anche se nemmeno una volta rientrato comprenderò appieno cosa mi stia crescendo dentro. Ancora ignoro che il mio viaggio sia ancora all'inizio.

Cuba è già alle spalle. Ogni giorno che passa mi sento sempre più stanco. Forse sto ancora girando per il mondo. Forse non sono mai davvero atterrato in Russia. Il velivolo dell'Areoflot ha gironzolato attorno alla Florida e poi mi ha fatto smontare chissà dove. Ma che sta succedendo? Non è solo il ricordo dell'orizzonte. Non è il sapore del pollo mangiato dentro un ananas a l'Avana sul Malecon (il lungomare) e non è nemmeno la meraviglia nell'avere ammirato i cavalli ovunque in un mondo traboccante di verde. Scopro i miei sogni scandagliare quanto appena vissuto. E rifarlo. Ancora e ancora. Più di quanto avrei mai potuto immaginare.

Oggi sono di nuovo lontano da lì, domani vorrei saperne di più.

Cuba, l'Avana © Luca Ferrari
Cuba, un delizioso piatto a l'Avana © Luca Ferrari
Cuba, l'Avana - Museo de la Revolucion:
(da sx) Che Guevara, Fidel Castro e Camilo Cienfuegos © Luca Ferrari
Cuba, lo sconfinato verde di Vinales © Luca Ferrari
Cuba, musicisti a Trinidad © Luca Ferrari
Cuba, l'arrivo a Santa Clara © Luca Ferrari
Cuba, le palme di Cayo Guillermo © Luca Ferrari

2 commenti:

  1. Foto bellissime, complimenti! L'Avana-Mosca?!? Ammazza che privilegio! O___O

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    1. grazie... eh, si un "viaggetto" non da poco... peccato non aver potuto approfittarne per fare una visitina alla città (ps: che prezzi però all'aeroporto, due tazze di te, 11 euro!!)

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