lunedì 27 luglio 2015

Le grotte dell’isola di Dino

Le grotte dell'isola di Dino © Luca Ferrari
Acque cristalline, grotte con coralli, specie arboree e marine di rara bellezza. Viaggio nelle acque di Calabria. Dentro e fuori l'isola di Dino, la perla del Mar Tirreno.

di Luca Ferrari

Pedalata dopo pedalata, schizzo dopo schizzo, il pedalò si allontana sempre di più dalla costa nord occidentale cosentina. Uno sguardo all'indietro verso il centro abitato di Praia a Mare (Cs) e poi sempre più deciso nel cuore dell’isola di Dino, la più grande realtà insulare della Calabria. Un mondo incantato fatto di coralli, vegetazione e specie naturali.

Percorribile a piedi dalle pendici fino alla sommità, l'isola di Dino  ha un perimetro di 4 km e un'altitudine di 65 m. Il suo fiore all’occhiello sono le grotte. Quella del Frontone, delle Cascate, delle Sardine, del Leone (provvista di stalagmiti) e la più gettonata, la Grotta Azzurra. Angoli di terra acquea nascosti dove poter entrare e uscire senza poteri magici.

Sembra che il nome derivi dall'etimo greco dina: vortice, tempesta. Un tempo infatti, quando il mare s’ingrossava, la corrente poteva giocare brutti e pericolosi scherzi alle imbarcazioni in avvicinamento.

Una volta arrivato a Praia a Mare, quale miglior modo di partire alla scoperta dell’isola se non quello di noleggiare un'imbarcazione (pedalò) e circumnavigarla? Il sole batte ancora forte e mi aspetta un bel po’ di movimento alle gambe. Finalmente si parte. Basta poco ed eccomi alla prima grotta.

Da lassù intanto c’è più di qualcuno che a turno si lancia per un tuffo da un bel po’ di metri di altezza. Al momento ho il timore che mi possano cadere in testa. Il servizio è invece perfetto. Chi è in acqua avvisa del possibile tuffatore o meno, e viceversa.

Sono nella grotta. Nella mia mente risuona l'immortale colonna sonora del celebre esploratore Indiana Jones. Pur non essendo inseguito da tribù o qualche nemico mortale, riesco ugualmente a sentirmi alla ricerca di qualche inestimabile tesoro. E così è in effetti. La vista dei coralli è una “pugnalata” di rara bellezza. Li vedo in superficie. Li vedo dentro l’acqua.

Una volta uscito, il mare sale in pole position. Lui è il re. Il padrone incontrastato. La terra? Un buon servitore. Più mi allontano dalla costa, più provo questa sensazione. Si fatica intanto. L’acqua è talmente azzurro-limpida da assomigliare a quella clorata che si trova in piscina.

Da un punto di vista naturalistico l’isola di Dino è una vera gemma. Oltre ad essere sito di Interesse Comunitario (SIC), è in corso l'iter di istituzione di una Riserva Naturale. La ragione si spiega facilmente vista la presenza di varie specie quali la palma nana, il talittro calabro, il garofano delle rupi (Dianthus rupicola) e in particolare l'endemica Primula di Palinuro (Primula Palinuri).

È proprio grazie a questo esemplare che Dino ha suscitato così tanto successo da un punto di visto botanico. Questo tipo di primula infatti è inserita nell'elenco dello IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) come specie minacciata. Di ospiti volatili invece, qui vengono a nidificare gabbiani, rapaci e svariate specie di uccelli migratori. Nel mondo subacqueo dominano crostacei: cavallucci marini, le temibili murene, polpi, castagnole, e più in profondità, tra i venti e i trenta metri, nuotano cernie e ricciolo, ma soprattutto gli octocoralli Gorgonie.

Abbandonato provvisoriamente il timone e affidato alle attenzioni di un temporaneo compagno di viaggio, scelgo una nuova postazione. Con una mano attaccata all’imbarcazione e con l’altra stretta sulla fotocamera, m'immergo nelle acque calabresi per un ultimo sguardo all'ecosistema dell'isola di Dino. Tempo di risalire a bordo e le sirene di Praia a Mare sono giù a richiamarmi.

L'isola di Dino © Luca Ferrari
In pedalò ci si allontana da Praia a Mare © Luca Ferrari
In pedalò verso le grotte dell'isola di Dino © Luca Ferrari
In pedalò verso le grotte dell'isola di Dino © Luca Ferrari
Dentro le grotte dell'isola di Dino © Luca Ferrari
I coralli nelle grotte dell'isola di Dino © Luca Ferrari
L'isola di Dino © Luca Ferrari
La costa cosentina davanti all'isola di Dino © Luca Ferrari
Il mare al largo dell'isola di Dino © Luca Ferrari
buzzoole code

giovedì 9 luglio 2015

Venezia-Seattle, la felicità abita qui

Seattle e lo Space NeedleVenezia con Palazzo Ducale e il campanile di San Marc© Luca Ferrari
Lo Space Needle bagnato dalle acque del Puget Sound. Palazzo Ducale e San Marco da quelle della laguna veneta. Seattle e Venezia, due città che più vicine non si potrebbe.

di Luca Ferrari

Le onde del Pacifico arrivate fino al Puget Sound. I fondali sabbiosi dell'Adriatico che spingono le acque dentro la laguna veneta. Una città patria della Microsoft, Boeing e Starbucks. Una città che non ha eguali al mondo i cui simboli sono il ponte di Ri' Alto e piazza San Marco. Seattle, avamposto dei cercatori d'oro. Venezia, antica porta d'Oriente. Seattle e Venezia. Venezia e Seattle, due città dall'insospettabile legame (personale).

Sono da poco passati tre anni da quando feci il mio primo sbarco a Seattle, tornando così negli Stati Uniti dopo un'assenza di otto anni e mezzo. Eppure, nonostante tanti viaggi successivi tra Gran BretagnaGrecia e perfino a Cuba, il mio pensiero tornava sempre lì. In quell'anomala cittadina degli Stati Uniti nord-occidentale, più canado-giapponese che non a stelle e strisce. E ogni volta che il mio cielo veneziano si tinge di un grigio striato, lei mi torna in mente e sale la nostalgia. Sale davvero.

L'avevo desiderato tanto quel viaggio e forse quegli 11 giorni non sono stati abbastanza per rendersi davvero conto che fossi lì, a Seattle. La permanenza in terra americana infatti venne anche divisa con l'Oregon dei Goonies, il mito di Twin Peaks a North Bend e pure la Vancouver della British Columbia (Canada). Fin dal giorno del mio ritorno però, mentre ero ancora a Parigi per prendere la coincidenza che mi avrebbe riportato in Italia, qualcosa borbotttava forte. Ero soddisfatto, ma non del tutto. Come se non avessi fatto tutto ciò che dovevo fare.

E ne ho fatte di cose. La prima cosa che ho fatto è stato essere felice in un modo alquanto anomalo. Mica poco. In realtà nemmeno sapevo quanto lo sarei stato, ma il merito non è stato certo tutto mio. Per quanto desiderata, una meta non sarà mai in grado di regalarti l'esperienza meravigliosa della vicinanza umana. E si, stare su di una scogliera fumandosi una sigaretta e ascoltandosi una canzone ripensando agli anni passati è qualcosa che lacera e innalza ma ci può essere perfino di meglio. La felicità è reale solo quando è condivisa, tramandò all'eternità lo sfortunato e morente Chritopher McCandless, poeticamente raccontato da Sean Penn nel film Into the Wild (2007).

Mercoledì 8 luglio è stata una giornata alquanto movimentata in Veneto, con violenti nubifragi alcuni anche con risvolti tragici. A Venezia è scesa un po' di grandine ma solo verso sera inoltrata il vento ha cominciato a soffiare freddo-fresco, così l'indomani, uscito di mattina presto ho incontrato un cielo dolcemente plumbeo con venature azzurro-biancastre che mi hanno subito ri-catapultato a Seattle, al punto che mi chiedessi dove mi trovassi. Ed ecco la voce amica che mi risponde - sei a Venesseattle  - (in dialetto locale Venezia si pronuncia Venessia).

Così, ogni qual volta soffia il vento con un cielo di codeste tonalità, io mi sento uno di quei ragazzini spensierati alla fine del video Stardog Champion dei Mother Love Bone che danzano davanti alla baia di Seattle. E immagino di svegliarmi lì. Insieme a voi. A noi. Avamposto umano-italiano nello stato di Washington dal sangue mediterraneo ansioso di scrivere una storia che potrà essere unica. Una storia comune che comunque vada è già stata unica.

Venezia, lungo il Canal Grande © Luca Ferrari
Seattle, il Puget Sound © Antonietta Salvatore